Una scuola per imparare ma anche per fare

Uno dei più grandi misteri italiani è comprendere l’accanimento che Parlamento e governi impiegano da più di quattro decenni per distruggere la scuola professionale in Italia, e quella alberghiera in maniera particolare.

Nel frattempo la cucina italiana ha ribaltato una antica sudditanza nei confronti di quella francese affermando la superiorità sia della dieta mediterranea nella versione italiana che della cucina Made in Italy che ha scalato tutte le classifiche che contano, soprattutto quella dell’opinione pubblica internazionale.

 Abbiamo i migliori cuochi del mondo, abbiamo le migliori materie prime, abbiamo una cultura enogastronomica che tutto il mondo ci invidia e che fanno Parlamento e Governi? Smantellano le scuole che hanno prodotti cuochi, maître, sommelier, professionisti del ricevimento che sono considerati tra i migliori al mondo.

Il turismo è diventato uno dei tre comparti economici più importanti del pianeta ma non in Italia dove è costantemente emarginato.

Tra i giovani italiani il tasso di disoccupazione è degno di un Paese del terzo mondo.

Gli stage scolastici hanno durate ridicole, l’alternanza scuola-lavoro riguarda percentuali minime di studenti, le scuole sono gonfie di iscritti quanto povere di strumenti didattici: cucine di ultima generazione, computer con programmi software avanzati, ore di pratica con l’aiuto di chi abbia decenni di esperienza professionale sulle spalle.

In Italia può insegnare chi è appena uscito dalla scuola mentre sono stati messi alla porta i professionisti ancora in attività che insegnavano per puro amore della professione.

Da noi l’apprendistato è stato criminalizzato: Giotto, Leonardo da Vinci, Tiziano Vecellio, Michelangelo Buonarroti non avrebbero sviluppato il loro genio se non avessero imparato come apprendisti presso i migliori maestri della loro epoca.

In quei tempi, erano le famiglie degli apprendisti a pagare i maestri, oggi dovrebbe essere lo Stato.

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Renato Andreoletti

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