Durante la Guerra Fredda, tra il 1945 e il 1990, abbiamo vissuto sotto la minaccia di una guerra nucleare che avrebbe potuto porre fine alla civiltà come la conosciamo sull’intero pianeta. Albert Einstein aveva avvisato: dopo quella guerra, la successiva l’avremmo fatta con le clave.
Era un timore concreto ma nello stesso tempo astratto.
L’epidemia di corona virus del 2020 è assai meno pericolosa di una guerra nucleare ma è anche maledettamente concreta e rischia di innescare una crisi economica planetaria di proporzioni e durata imprevedibili.
È la prima epidemia del Villaggio Globale.
L’Italia è tra i Paesi più aperti al mondo, visitato ogni anno da decine di milioni di esseri umani provenienti dai cinque continenti, con milioni di italiani che viaggiano in continuazione. Virus e batteri viaggiano con gli esseri umani.
Ciò che è accaduto era inaspettato ma era anche inevitabile.
Non ci saranno macerie materiali.
Ci saranno conseguenze economiche – per gli imprenditori, per i liberi professionisti, per gli stipendiati – che vanno affrontate con il massimo spirito di solidarietà sociale prima che economica.
Ci sarà la consapevolezza che il pianeta è un unico paese e che ciò che accade in Cina ci riguarda direttamente come ciò che accade in Italia riguarda direttamente gli amici cinesi.
Ci sarà la consapevolezza che il Made in Italy incide per almeno un terzo sul PIL e che il turismo rappresenta la spina dorsale del Made in Italy.
Ci sarà la consapevolezza che in Italia è necessario un Ministero del Turismo di grande spessore per rilanciare il Centro Nord e far decollare finalmente in Sud d’Italia.
Ci vuole una progettazione turistica dell’intero territorio, declinata singolarmente per i 20.000 borghi storici e tutti i segmenti di mercato, e una comunicazione assai robusta a partire dallo slogan “Viva l’Italia. L’Italia è Storia. L’Italia è vita”.
Renato Andreoletti