L’empatia è la capacità di comprendere e condividere le emozioni e i sentimenti di un’altra persona, mettendosi nei suoi panni e vedendo il mondo dalla sua prospettiva. È una competenza sociale fondamentale che permette di creare legami più forti e di comunicare in modo più efficace. Questa la definizione standard che trovate in Wikipedia.

L’etica senza empatia diventa burocrazia… L’ideologia senza etica diventa empietà… Così parlò Zarathustra

Sono gli antropologi a spiegarci che l’empatia è un sentimento naturale che l’evoluzione ha sviluppato nel corso di centinaia di milioni di anni per consolidare i legami nei gruppi di esseri viventi dotati di una forte socialità. L’essere vivente che appartiene a sistemi collettivi dotati di una forte struttura sociale nasce con caratteristiche morfologiche (fisiche) che inducono all’empatia. E’ così nei confronti dei cuccioli che siano piccoli implumi di gallina o più robusti cuccioli di gorilla, di leoni o di zebrù.

Ci sono stati casi documentati di una leonessa che nel momento in cui stava cacciando un piccolo di zebrù, quella sorta di bovino che vive in milioni di esemplari nei territori africani dove vivono anche i leoni, anziché uccidere e divorare il piccoletto nato da poche ore abbandonato dalla madre che era fuggita, si è messa a leccarlo e accudirlo come se fosse la sua stessa madre, lasciandolo infine tornare dalla sua vera madre. Walt Disney, che all’inizio disegnava Topolino come una pantegana di fogna con il muso a punta, abbastanza sgradevole alla vista, lo rese più simile a un fanciullo umano disegnando un grande ovale per il viso, con due enormi orecchie rotonde, rendendolo più simpatico, più umano, e di certo di maggior successo presso il pubblico cinematografico.

Giorgio Vallortigara, uno scienziato italiano di fama internazionale, etologo, con il quale condivido il fascino che ha esercitato anche su di me Konrad Lorenz con libri come L’anello di re Salomone, L’altra faccia dello specchio e Io sono qui. Tu dove sei?, testi sui quali è stata fondata la moderna scienza dell’etologia, spiega che la capacità di individuare i volti fin dalla nascita e di stabilire un rapporto di imprinting fondamentale con la madre fa parte di un apparato conoscitivo con il quale nasciamo, che non appartiene all’educazione e all’apprendimento.

Educazione e apprendimento rendono più sofisticate queste qualità e le specializzano, ma la cosa importante è che esistono prima di noi e vengono acquisite durante lo sviluppo del cervello nell’utero materno. Nei fatti, sono facoltà iscritte nel genoma del nostro dna.

Vale anche per la nozione di tempo e di spazio, con la quale nasciamo come spiegava il filosofo Immanuel Kant oltre due secoli fa. Sono facoltà apodittiche, innate, che ci preesistono. Nasciamo avendo il senso dello spazio tridimensionale e del tempo continuo senza doverlo apprendere.

Vale anche per la matematica, le cui basi sono iscritte nel nostro cervello fin dal momento della nascita. Sbaglia la scuola quando considera l’allievo delle scuole materne o elementari una sorta di tabula rasa su cui scolpire i dogmi del sapere. E’ esattamente il contrario, gli attrezzi del sapere sono già presenti nell’essere umano fin dal primo vagito. Lo dimostra il fatto che qualsiasi neonato è in grado di imparare qualsiasi lingua parlata sul nostro pianeta, per quanto complicata sembri a prima vista. Gli strumenti per apprenderla sono presenti nel neonato fin dal primo giorno di vita. Parola di Andrea Carlo Moro, linguista, neuroscienziato e scrittore italiano. È professore ordinario di linguistica generale presso la Scuola Universitaria Superiore di Pavia dove svolge il ruolo di rettore vicario e presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Se non lo sa lui… Alla scuola il compito di affinarli, non di contrastarli o di crearli ex novo. Lo stesso vale per le facoltà empatiche nei confronti dei nostri simili ma anche delle altre forme di esistenza.

Nello stesso tempo, ed è ciò che sul piano morale rende l’essere umano così complesso quanto contraddittorio, siamo capaci anche di atti di incredibile efferatezza. Fëdor Dostoevskij nei “Fratelli Karamazov” racconta la crudeltà delle truppe turche che nei Balcani per sedare le rivolte sventravano le donne incinte e infilzavano i neonati con le baionette. Ivan Karamazov si chiedeva: Se Dio esiste, come può permettere simili atti? Non trovò una risposta e divenne pazzo.

I Tedeschi durante la seconda guerra mondiale mentre rispettavano le convenzioni di Ginevra con i prigionieri francesi e inglesi, rispettandone anche il diritto alla fuga dai campi di detenzione, non le applicarono mai ai prigionieri russi che furono assassinati arbitrariamente in prigionia a centinaia di migliaia per non parlare del genocidio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento. La strategia adottata per la soluzione finale, il massacro totale degli Ebrei, è tra gli atti di empietà più clamorosi mai commessi nella storia degli esseri umani.

I Russi dopo aver firmato un trattato segreto con i Tedeschi nell’agosto del 1939, invasero la Polonia orientale mentre i Tedeschi ne avevano invaso la parte occidentale il primo settembre del 1939. I Russi, su ordine di Stalin, catturarono l’esercito polacco e massacrarono scientemente ben 22.000 ufficiali e soldati polacchi nei boschi di Katyn, utilizzando le mitragliatrici e poi seppellendoli in fosse comuni. Quando le fosse comuni furono scoperte dai Tedeschi durante la loro invasione dell’Unione Sovietica nell’estate del 1941, Stalin dette l’ordine di dichiarare che il massacro era stato perpetrato dai Tedeschi. Stalin fu tra i vincitori della seconda guerra mondiale, furono i Tedeschi a dover rispondere dei loro delitti sui banchi di Norimberga nel novembre del 1945.

I Russi furono tra i giudici. Da Stalin a Putin ma anche a Netanyahu nulla è cambiato. Come affermava Goebbels, il capo della propaganda di Adolf Hitler, una menzogna dopo mille volte che la dichiari diventa una verità, anche per chi l’ha inventata. Tra i Balcani, il Medio Oriente, l’Asia, l’America Latina, l’Africa, questa sorta di infamia perpetrata da esseri umani su altri esseri umani non è mai cessata.

Il pensiero religioso si nutre di empatia nei confronti dell’essere umano. Tre secoli prima di Gesù Cristo, in India l’imperatore Aśoka (304-232 prima della nostra era) deliberò: “Tutte le religioni dovrebbero risiedere ovunque, perché tutte desiderano l’autocontrollo e la purezza di cuore. Qui (nei miei domini) nessun essere vivente deve essere massacrato od offerto in sacrificio. Il contatto (tra le religioni) è buono. Si dovrebbero ascoltare e rispettare le dottrine professate da altri. Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per una ragione o per l’altra. Chi disprezza l’altrui credo, abbassa il proprio credendo d’esaltarlo.”

Alla radice della rivoluzione cristiana c’è l’affermazione di Gesù Cristo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, un invito utopistico all’amore fraterno che in forma laica e concreta andrebbe declinato come “Rispetta il prossimo tuo come rispetti te stesso” implicando una serie di nozioni assai importanti. In primo luogo, rispettare se stessi implica una forte coscienza e conoscenza di se stessi oltre che una buona autostima. “Conosci te stesso” è una massima religiosa greca antica, iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, che invita all’autoconsapevolezza. Ci accompagna da oltre 2500 anni. Implica la conoscenza di ciò che distingue il bene dal male e il dovere di essere all’altezza dei propri doveri al fine di apprezzare e far rispettare anche i propri diritti. Rispetta te stesso diventa anche un giudizio sull’imprinting morale ed educativo acquisiti in famiglia e poi nella società in cui si è cresciuti.

Il limite dei protocolli religiosi, come di quelli ideologici, come di quelli stabiliti dagli Stati con le leggi, è che l’Etica che dichiarano senza un forte gradiente di empatia sociale e umana scade in burocrazia, in pura formalità, in protocolli senza anima o, meglio, in protocolli cui si può far dire ciò che si vuole.

Quando nel 1096 iniziò la Prima Crociata per liberare Gerusalemme indetta da papa Urbano II l’anno precedente, a chi muoveva l’obiezione che uno dei comandamenti biblici recita “Non uccidere”, fu risposto che valeva tra cristiani ma non nei confronti dei mussulmani. Chi avesse ammazzato un infedele, sarebbe stato assolto e sarebbe andato in paradiso. Già che c’erano, i crociati lungo il percorso assassinarono anche migliaia di Ebrei, rei di essere anch’essi degli infedeli. Li accusarono pure di essere dei deicidi (assassini di Dio) dimenticando che sono stati i Romani a crocifiggere Gesù. L’Islam ha copiato questo concetto con la Jihad islamica. Dall’Empatia all’Empietà, alla negazione esplicita e concreta di ciò che era affermato come sacro, il passo è stato breve per moltissime ideologie, politiche o religiose che fossero. L’Empatia è ciò che dà un cuore all’Etica, che la trasforma in consenso e in partecipazione come avrebbe cantato Giorgio Gaber. La democrazia politica per esempio è partecipazione a patto che la partecipazione del cittadino sia cosciente e responsabile ma che sia anche facilitata e garantita dallo Stato. Senza empatia, vale a dire senza il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, la democrazia degenera in clientelismo quando non in forme più o meno mascherate di dittatura.

L’Empatia è il valore aggiunto che distingue la democrazia sostanziale dalla democrazia formale, spesso anticamera di forme di dittatura manifeste o meno che siano. Un moderno Goebbels è colui che ha inventato il concetto di Democrazia Illiberale, un ossimoro spacciato per un diverso modo di concepire la democrazia.

Empatia e Turismo

L’industria dell’ospitalità si nutre di Empatia che costituisce il suo reale valore aggiunto. Puoi essere stato attirato in una destinazione, in un albergo, in un ristorante dall’immagine e dal racconto di ciò che promette – comfort, romanticismo, esperienze uniche – ma ciò che ricordi e che stabilisce il giudizio finale è sempre il rapporto che si è stabilito con le persone del luogo del soggiorno, con lo staff dell’albergo e del Centro benessere, con maître e camerieri nella sala ristorante. Perfino con i taxisti o i controllori sui mezzi pubblici oltre che con i negozianti.

Hilton Worldwide, una delle maggiori catene alberghiere del mondo con oltre 7500 alberghi in 126 Paesi, anni fa indisse un concorso tra i suoi collaboratori: sarebbe stato premiato il consiglio più originale volto a migliorare il rapporto con gli ospiti e la loro soddisfazione finale. Vinse l’idea di dotare tutti i membri dello staff, direzione compresa, di una spilla da giacca con una scritta: We Want To Know. Vogliamo sapere. Gli ospiti, incuriositi, si avvicinavano al personale per chiedere che cosa ciò significasse. “Vogliamo sapere come si trova da noi, che cosa desidera, di che cosa ha bisogno” erano le risposte che ricevevano. Fu un grande successo che aveva richiesto una formazione a tappeto di tutto il personale della catena alberghiera distribuito nei cinque continenti.

L’Empatia dunque si basa su una funzione innata che però va conosciuta e coltivata attraverso sia un rapporto di autocoscienza del singolo individuo che come coscienza collettiva partecipata, responsabile, da parte del gruppo. Ricordo un direttore italiano di un importante albergo di Singapore che mi raccontava ammirato la mentalità dei suoi dipendenti buddisti che quando iniziavano un lavoro dovevano portarlo a termine indipendentemente dall’orario per la propria soddisfazione personale. In ciò che facevano, qualunque mansione fosse, si realizzavano.

In fin dei conti è anche una delle caratteristiche che vengono riconosciute a noi italiani in giro per il mondo. Noi non facciamo un lavoro, noi siamo il lavoro che facciamo, ci immedesimiamo in esso, che sia il giornalismo che sia la direzione di un albergo che sia il servizio in sala la pulizia ai piani la qualità del cibo che prepariamo in cucina. E’ un valore aggiunto della nostra mentalità che ci viene riconosciuto a livello internazionale. Quel che va coltivato è lo spirito di squadra, il riconoscimento umano e professionale della qualità del lavoro svolto, dell’esperienza di chi lo svolge da decenni, infine la gratificazione economica dello stesso. L’Italia ha un PIL (il prodotto interno lordo, la ricchezza economica collettiva) che dipende per almeno un quarto dei 2200 miliardi di euro complessivi dalla capacità di vendere in Italia e nel mondo uno stile di vita sempre più apprezzato, uno stile di vita che non è solo ludico ma è anche responsabile e consapevole, nei confronti dell’ambiente, nei confronti della storia e della cultura, nei confronti di tutto ciò che vive sul nostro territorio e nel Mare Mediterraneo in cui galleggiamo da milioni di anni.

E’ uno stile di vita che si basa sull’Empatia nei confronti dei nostri ospiti. Nel 2024 abbiamo registrato 458,3 milioni di presenze nel turismo italiano, superati in Europa dalla sola Spagna (500 milioni di presenze), di cui 258 milioni prodotte dal turismo internazionale pari al 56,29 per cento. I turisti internazionali che vengono in Italia sono più numerosi dei residenti nel nostro Paese (59 milioni). Sono loro i veri ambasciatori dello stile di vita italiano nel mondo: quando tornano in patria, portano con sé non solo la magia dei luoghi che hanno visitato, delle esperienze enogastronomiche che hanno effettuato, soprattutto portano con sé il sorriso degli italiani che hanno conosciuto e frequentato.

The Ritz Carlton, compagnia multinazionale alberghiera con sede negli Stati Uniti specializzata nel lusso, in passato coniò uno slogan di grande successo con un elevato gradiente di empatia: Ladies and Gentlemen serving Ladies and Gentlemen. In forma più borghese e popolare, sempre negli Stati Uniti si è affermato lo slogan People serving People che pone sullo stesso piano chi offre un servizio rispetto a chi lo riceve anche perché in una società aperta e democratica chi offre un servizio oggi, domani lo riceverà magari dalla stessa persona che ha servito il giorno prima.

Non basta coniare geniali slogan, bisogna saperli vivere e condividere giorno per giorno, da qui la necessità di una formazione continua, sia formale che sostanziale, per aiutare le singole persone a conoscere innanzitutto se stesse, poi i propri colleghi, infine gli ospiti delle strutture ricettive in cui operano. Un sorriso spontaneo vale più di mille slogan, un atteggiamento collaborativo capace di affrontare qualsiasi problema per risolverlo vale più di qualsiasi corso di formazione, una mentalità aperta, tollerante, vale più di qualsiasi Costituzione. Francesco di Assisi e l’imperatore indiano Aśoka si sarebbero stretti le mani condividendo gli stessi valori di confronto culturale e solidarietà umana all’insegna della massima Empatia umana.

Infine, lo slogan People serving People andrebbe ampliato a Life serving Life visto che l’attività umana sta stravolgendo il clima del pianeta a danno innanzitutto delle economie dei Paesi più poveri ma in realtà di tutta l’umanità mettendone a rischio la stessa esistenza. Per una attività intraspecifica per definizione (rivolta da esseri umani ad altri esseri umani senza mediazioni) come quella turistica, Life serving Life dovrebbe diventare la bandiera di un progetto sociale ed economico rivolto all’intero pianeta utilizzando in maniera positiva ed Etica l’Intelligenza Artificiale, la nuova frontiera di una vera e propria rivoluzione epocale.


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