BUSINESS, OSPITALITÀ ED EMPATIA
Carissimi,
Affronterò il tema con introspezione, basandomi su vissuto e riflessioni maturate. Mi sono dedicata all’accoglienza turistica spaziando fra traghetti, aeroporto (volo e terra), hotel e l’ho scoperta, innamorandomene, da borsista nella biblioteca di facoltà, rafforzata poi con uno stage presso quella comunale “Chris Cappell”, ospitata all’interno del liceo.
Per un turista, Anzio2 sembra una realtà residenziale e ricca di servizi sebbene conviva con le case popolari. La scuola e la biblioteca sono pubbliche, realizzate a fine ’90: prima vi era una discarica e dilagava il disagio. La riqualificazione è stata avviata grazie alla famiglia Cappelluti dando vita alla fondazione Christian Cappelluti: ha costruito e donato al comune l’intera struttura, dedicata in memoria del figlio precocemente scomparso per via di una reazione allergica, trasformando il dolore in un dono collettivo. Aspetti tecnici a parte (front desk, classificazione Dewey, gestione di eventi culturali e interfaccio con le associazioni locali), ho appreso l’empatia (ἐν πάθος – “dentro la sofferenza”: capacità di comprendere e mettersi nei panni del prossimo), supportando studenti preoccupati per l’imminente esame, persone fragili o sole attraverso un sorriso, il consiglio di una lettura o aiutandoli con l’informatica di base.
La biblioteca è un servizio pubblico mentre l’hotel, pur ospitando persone che sono fuori casa in una località non sempre conosciuta, è una società di capitali che fattura: la sfida sta nel bilanciare empatia, ospitalità e business.
Il check in è un momento particolare: l’ospite vuol riposare perché stremato da molte ore di viaggio (spesso segnate da ritardi, cancellazioni e smarrimento dei bagagli); la reception difficilmente ottiene la sua comprensione mentre gestisce il centralino, e-mail in ingresso, complaint finalizzati a compensazioni o rimborsi, camere non pronte mentre sopportano manager ossessionati da statistiche, bilanci, ricerche di target e di mercato, pianificazione … trasformando necessità e persone in numeri: è facile perdere la pazienza, è istintivo gridare rimarcando il bisogno di essere ascoltati: è il modo più pratico per ridurre la tensione credendo di essere autorevoli… La triste verità è la caduta in inospitalità lasciando chi ascolta spiazzato e dimenticandosi che dietro a numeri e statistiche ci sono persone con un percorso da
rispettare: NON significa trascurare le mansioni operative o entrare nel privato altrui: la reception sa schermare e separare la sfera privata da quella professionale: tiene presente che in un atteggiamento aggressivo si annida fragilità.
Rallentare la comunicazione, ridurre la voce, essere pacati, restare in silenzioso ascolto sono rimedi apparentemente fragili quanto potentissimi per conservare comprensione, empatia e controllo: aiuta a difendere la brand reputation incentivando la fidelizzazione.
L’ospite resta il vero datore di lavoro della struttura.
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