NON SI VIVE DI SOLO PANE.

NON SI VIVE DI SOLO PANE.

appunti di viaggio d‘un ‘pescatore di perle’ (d)

il mósciolo del Conero (2a parte)

La presenza dei móscioli lungo le coste del Conero è testimoniata sin dai primi decenni del Novecento. Le vicende legate ai sistemi di pesca di questi mitili selvatici hanno vissuto fasi alterne, vedendo fra l’altro l’avvicendarsi di tecniche differenti. Fino al secondo dopoguerra, la raccolta di questi pregiati molluschi, con cui i contadini dei paesi limitrofi e le maestranze del porto di Ancona arrotondavano il reddito, si effettuava con l’ausilio di piccole barche a remi dette ‘batane’. 

In seguito, per la precisione negli anni Cinquanta e Sessanta, la pesca del mósciolo si diffuse in maniera esponenziale, poiché le trattorie di Portonovo ne facevano abbondante richiesta per la loro cucina. 

Il periodo di massimo sviluppo della pesca si ebbe però nel successivo decennio, che vide impegnata una vera e propria flottiglia di un’ottantina di barche, trenta delle quali appartenenti alla Cooperativa dei Pescatori di Portonovo.

In origine, per staccare i móscioli dagli scogli si utilizzava una sorta di forcone, non particolarmente dannoso. Più invasivo era, invece, uno strumento diffusosi nel corso degli anni: la “moscioliniera”, una lunga pertica munita di denti uncinati con cui i pescatori raschiavano gli scogli senza scendere dalle loro imbarcazioni. Con questo sistema, insieme ai móscioli più grandi strappavano anche quelli piccoli: una tecnica di pesca che, peraltro, contribuì alla proliferazione del mollusco su un’area più vasta rispetto a quella d’origine poiché i móscioli di dimensioni ridotte, se rigettati in acqua, erano in grado di sopravvivere e di riprodursi altrove.

Col trascorrere del tempo, a causa di sopraggiunti problemi nelle tecniche di raccolta e per la diminuita propensione ad occuparsene – anche per il progressivo diffondersi delle cozze d’allevamento – l’interesse per la pesca del mósciolo calò drasticamente fin quasi a sparire. Oggi, però, la sua riscoperta ne ha fatto una gemma di prim’ordine la cui qualità, ricercata e giustamente tutelata, consente positive ricadute a livello economico rendendo ancor più attraente lo scenario turistico di un lembo di terra fra i più incantevoli del Mediterraneo.

AGGIORNAMENTO 2025 • È stata confermata per l’anno in corso dalla Consulta Regionale della Pesca la riapertura della pesca professionale al mósciolo, ma ciò ha contribuito a dividere l’opinione pubblica locale infiammando il dibattito. 

Accolta con favore dagli operatori del settore della piccola pesca, per i quali rappresenta una fonte di sostentamento, viene osteggiata dal settore della ristorazione che suggerisce di ascoltare il parere degli esperti, secondo i quali è necessario bloccarla per un anno allo scopo di tutelare la riproduzione dei preziosi mitili. 

In ogni caso, è stata fissata anche la data di chiusura della pesca al mósciolo selvatico di Portonovo al 15 agosto scorso, con largo anticipo rispetto alla consueta data di ottobre.

Ed è stato stabilito il fermo totale per la pesca ‘ricreativa’.

L’AGRONAUTA


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Claudio Buttura

Claudio Buttura

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