Conoscere la genesi ed i segreti di uno fra i prodotti più diffusi, consumati ed apprezzati nel mondo consente di acquisire un vero tesoro. Ci offre l’opportunità di capire come si possa alleviare l’impronta ambientale e di individuare un punto d’equilibrio che dia più qualità ai nostri rapporti con le comunità produttrici, eterogenee e lontane da noi ma capaci di uguali slanci ideali, pur se composte da persone di diverso sentire.

È un bene universale, il caffè, anche per via della sua diffusione planetaria; un prodotto versatile dalle grandi potenzialità evolutive, anche sul piano sociale. Il suo utilizzo è in grado di avvicinare fra loro persone e popoli favorendo dialettica, convivenza e collaborazione reciproca a tutela di chi lo coltiva, lo raccoglie, lo lavora e dell’ambiente da cui quel magnifico frutto della natura trae origine: ed alla fine dell’intero processo, anche a garanzia del piacere individuale. Nel suo gusto intenso, nel suo ineguagliabile aroma ogni chicco racchiude preziosi valori umanistici. 
Tutto ciò è ancora presente nella celebrata passione italiana per il caffè?

“L’AGRONAUTA” ☕️

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Uno dei principali benefici degli agroecosistemi è la protezione/rigenerazione del suolo. L’inserimento delle leguminose, ad esempio, consente la fissazione naturale dell’azoto, arricchendo il terreno senza bisogno di fertilizzanti chimici, mentre le colture di copertura come gli alberi da frutto o da legname contribuiscono a ridurre l’erosione del terreno ed a trattenere l’umidità, fondamentale nelle stagioni secche. Non meno importante è l’ombra offerta da alberi di grandi dimensioni, che protegge le piante di caffè dal sole diretto e dai picchi termici. In questo modo si evitano pratiche potenzialmente distruttive come la bruciatura dei residui vegetali, favorendo l’uso di fertilizzanti organici e di ‘compost’ nonché della biomassa come pacciamatura. 

I produttori della “Coffee Coalition” di quattro comunità hanno condiviso le loro esperienze ed i molteplici vantaggi dell’agroforestazione nella coltivazione del caffè. In Malawi si usano avocado, cassia, banano ed igname per fornire ombra, materia organica e per fissare l’azoto. In Messico, il plátano morado – diffuso per la sua adattabilità e la capacità di crescere in vari climi e tipi di suolo – permette un migliore controllo microclimatico, stabilizzando la produzione e migliorando di conseguenza la qualità organolettica del caffè. In Honduras, oltre alla coltivazione consociata di caffè ed alberi da frutta e legname, l’approccio include il monitoraggio satellitare delle coltivazioni per garantire la tracciabilità e la protezione delle aree forestali. In Perù, l’esperienza dei coltivatori mostra come la combinazione di alberi da frutto (guayava, arancio, limone, banana), canna da zucchero e piante medicinali native come chuchuhuasi, cedro e uña de gato, porti a un sistema agricolo sano e resistente.

Queste specie hanno valore terapeutico e forniscono protezione contro l’erosione del suolo grazie alle loro radici profonde.
Va poi sottolineato un elemento chiave dei sistemi agroforestali: la diversificazione delle fonti di reddito e della produzione agricola, che rafforza la sicurezza alimentare e la stabilità economica delle famiglie rurali. In definitiva, queste procedure virtuose non solo migliorano la produttività e la qualità del caffè, ma creano anche un’agricoltura più rispettosa, resistente e redditizia, adattata ai diversi contesti geografici.

(fonte: Slow Food Coffee Coalition)


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Redazione Aira

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