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Nel settore turistico si parla spesso di accoglienza e strategie di pricing ma cβΓ¨ un elemento fondamentale, spesso ignorato, quasi occultato nel sottofondo del racconto ufficiale ma che meriterebbe da solo un capitolo intero: la vita delle donne che lavorano nel turismo. Donne che portano sulle spalle due mondi, due agende, due ritmi, un lavoro incessante nel mondo dellβospitalitΓ e la responsabilitΓ della famiglia. Loro, piΓΉ di chiunque altro, sono lβasse portante di un settore che corre sempre, senza pause, senza stagioni, senza tregua. Il turismo non conosce ferie, non rispetta weekend non attende il calendario scolastico, un flusso continuo di 24 ore al giorno e le donne che ci lavorano si trovano a vivere in un equilibrio fragile e potente allo stesso tempo, un equilibrio che non dovrebbe essere chiamato βmultitaskingβ ma con il nome che realmente merita cioΓ¨ sacrificio. Un sacrificio costante, nascosto, mai celebrato a dovere ed Γ¨ a loro che vorrei dedicare questo articolo. Ad ogni donna che, nel silenzio della propria quotidianitΓ , sta tenendo in piedi un pezzo enorme dellβeconomia italiana e della cultura dellβospitalitΓ .
Quando pensiamo a un hotel, a unβagenzia viaggi, a una visita guidata, a un aeroporto oppure a un centro congressi con una struttura ben ordinata, dovremmo rammentare che dietro quellβordine cβΓ¨ chi lavora su turni che si incastrano come tessere di un puzzle esasperato con aperture alle sei del mattino, chiusure oltre la mezzanotte, notti in cui si rientra quando i figli hanno giΓ dormito e mattine in cui si esce di casa prima che aprano gli occhi. Una donna nel turismo vive questi ritmi ogni giorno, spesso senza che nessuno si accorga della complessitΓ che regola la sua vita. Ci sono donne che preparano colazioni a centinaia di ospiti dopo aver preparato la merenda ai propri bambini a casa oppure che risolvono il problema di un congresso da 800 persone durante una pausa pranzo consumata di corsa, tra una videoriunione e un messaggio da casa che chiede: βA che ora torni?β. La professionista del turismo Γ¨ una madre che non puΓ² permettersi di essere stanca, una moglie che deve imparare a convivere con assenze lunghe, in sintesi, una lavoratrice che deve mantenere sempre luciditΓ , organizzazione, sorriso.
Il sorriso, appunto. Quel gesto che nel turismo diventa un requisito professionale ma, che peso porta un sorriso quando alle spalle cβΓ¨ una miriade di problemi con coniugi e figli e spesso con lavatrici lasciate in sospeso perchΓ© βdomani ho il turno spezzatoβ? La donna del turismo ha imparato a sorridere anche quando dentro non ne ha la forza non per finzione ma per responsabilitΓ , perchΓ© spesso un sorriso non salva la giornata solo dellβospite ma anche quella della squadra che lavora con lei. CβΓ¨ una fotografia che chi conosce lβospitalitΓ ha visto mille volte: quella di una donna che, in divisa impeccabile, accoglie un cliente mentre ha ancora in tasca un biglietto con scritto la lista della spesa. Γ una fotografia che vale piΓΉ di mille report sulla resilienza perchΓ© racconta ciΓ² che nessun manuale di management potrΓ mai sintetizzare e relativa a una professionalitΓ che Γ¨ intrecciata alla loro vita personale fino a diventare unβunica cosa. Per anni si Γ¨ raccontato che le donne nel turismo siano βnaturalmente portateβ allβaccoglienza, a mio avviso una narrazione surreale, quasi offensiva che riduce a istinto ciΓ² che invece Γ¨ competenza pura. Lβaccoglienza non Γ¨ βdelicatezzaβ femminile ma Γ¨ un mix di condizioni complesse che svariano tra il controllo emotivo, la capacitΓ gestionale e soprattutto la lettura psicologica dellβOspite, un lavoro che molte donne svolgono mentre contemporaneamente, devono fare i conti con gli impegni familiari di cui nessuno nel settore parla mai. Γ ora di dirlo con la massima chiarezza: le donne non fanno solo βun lavoroβ, ne fanno due dei quali uno Γ¨ pagato e lβaltro totalmente invisibile eppure, nonostante questo doppio carico, sono proprio loro a dare stabilitΓ al settore perchΓ© Γ¨ risaputo che il turismo regge grazie a chi non puΓ² permettersi di cedere. Ci sono direttrici dβalbergo che guidano team di cinquanta persone e che la sera tornano a casa per aiutare il proprio bambino a fare i compiti, event manager che pianificano congressi internazionali e nella stessa giornata accompagnano la figlia a danza ma lavorano con precisione chirurgica anche dopo notti interrotte e vivono il turismo come una missione non perchΓ© βamano il loro lavoroβ ma perchΓ© sanno che dietro quel lavoro ci sono persone, famiglie, colleghi, ospiti.Molte di loro hanno imparato a non chiedere aiuto altre hanno imparato a non aspettarsi riconoscimenti e questo non significa che non ne meritino, significa che hanno sviluppato una forza interiore che va oltre la gratitudine altrui. Una forza che permette di sostenere turni di 14 ore, riposi saltati, richieste impreviste, emergenze improvvise e che non si frantuma nemmeno quando la stanchezza diventa una rassegnata compagna di viaggio.
Parlare di leadership femminile nel turismo significa dunque parlare di coraggio, quello quotidiano quando ci si alza dopo poche ore di sonno evitando di crollare a causa di una condizione vissuta costantemente sotto pressione e controbatterla per dovere puro senza cadere nella retorica di falsi eroismi. La domanda Γ¨ inevitabile: cosa sarebbe il turismo senza di loro? Non solo diverso ma anche la mancanza del cuore dellβospitalitΓ contemporanea, una garanzia che il cliente non sarΓ solo βun numeroβ ed una certezza che un problema non verrΓ mai lasciato irrisolto da chi di problemi deve risolverne molti, tanti. Ma ora serve qualcosa di piΓΉ, bisogna riconoscere questo sacrificio, valorizzarlo, proteggerlo non con frasi celebrative ma con politiche sociali, con modelli organizzativi nuovi e soprattutto con un auspicato (personalmente piΓΉ volte citato nei miei articoli) cambiamento radicale del rapporto tra imprenditoria alberghiera e lavoratori. Serve capire che la ricchezza del turismo non sta solo nelle destinazioni, nei servizi, nelle tecnologie ma in quelle delle vite dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici, obbligate a una doppia vita di impegni.
Il mio articolo non vuole essere solo un inno alla donna del turismo ma un tentativo di sensibilizzare il settore per una condizione che per troppo tempo Γ¨ rimasta ai margini. La donna del turismo non Γ¨ βla colonna del settoreβ Γ¨ il settore e mentre il mondo cambia, mentre le destinazioni si ripensano, mentre il modo di viaggiare evolve cβΓ¨ una condizione da non perdere di vista: senza di loro, lβospitalitΓ non avrebbe piΓΉ anima.
Mino Reganato
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