UNO SPECCHIO IDENTITARIO.

UNO SPECCHIO IDENTITARIO.

Negli anni Trenta spiccò, in particolare, la figura di Virgilio Retrosi (Roma, 1892-1975), nei cui manifesti vi era sempre posto per un oggetto simbolico; si trattasse d’una colonna romana, d’un ombrellone sulla spiaggia o della sporgenza dell’epistilio (architrave) di un tempio antico. Elementi d’immediato impatto visivo e forte pregnanza comunicativa atti a tradurre in immagini la tendenza, allora in voga, ad imporre un canone ed un linguaggio di istantanea efficacia.

In quegli anni s’avvertì un evidente cambiamento di stile nel manifesto turistico rispetto alla fine dell’Ottocento e del primo Novecento. Come riconosciuto con un certo stupore anche dai critici contemporanei, cominciarono ad affacciarsi nella grafica italiana – oggetto di studi ed approfondimenti sulle riviste specializzate, all’avanguardia anche rispetto ad altri paesi europei – gli echi dei principali movimenti artistici dell’epoca: dalla Metafisica al Cubismo, ai Razionalismi di matrice tedesca.

Con il progressivo abbandono delle raffinatezze ‘fin de siècle’, pur restando il soggetto principale, la figura umana assunse un carattere nuovo: si fece più brillante e dinamica, grazie ai tratti decisi ed ai colori ben definiti. Quasi come se i manifesti del passato cominciassero… ad asciugarsi. 

In effetti, rinunciarono ai preziosi ricami degli anni precedenti diventando più omogenei, con il preciso obiettivo di catturare nell’immediato l’attenzione degli osservatori e di fissarsi nella loro memoria con la stessa efficacia di uno slogan.

L’AGRONAUTA

7. continua


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Claudio Buttura

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