appunti di viaggio d‘un ‘pescatore di perle’ (f), La patata viola della Val di Ledro

Incastonata nello scenario alpino del Garda Trentino ben noto per la mitezza del suo clima ‘mediterraneo’, la Valle di Ledro ospita una comunità che, dopo l’esodo forzato in Boemia patito nel corso delle vicende della Grande Guerra, seppe rinascere portando con sé al suo ritorno un bagaglio di ricordi e di esperienze umane che oggi si riverberano nelle attività del territorio. 

In questi luoghi anche la preistoria ha lasciato tracce visibili, come i resti dell’insediamento palafitticolo risalente all’età del Bronzo emersi dalle acque del Lago omonimo. 

Parte integrante della riserva della Biosfera, questa zona lacustre è un autentico laboratorio vivente che offre l’opportunità a molte famiglie di avviare iniziative legate al concetto di agricoltura sostenibile, consentendo anche all’intraprendenza dei giovani di coniugare il recupero delle tradizioni con il moderno spirito imprenditoriale.

Tra le molteplici ‘mirabilia’ a disposizione di chi interpreta il viaggio come strumento di crescita e di conoscenza, il comprensorio della Val di Ledro propone diverse tipicità agroalimentari fra cui la singolare patata viola, peraltro diffusa anche in altre (poche) regioni italiane. Questo insolito frutto della terra si distingue per la buccia di colore lilla scuro e per la curiosa polpa violacea.

La specie, di antiche origini andine, tempo addietro era già coltivata nell’area di Ledro dove veniva per lo più utilizzata nelle malghe, per preparare piatti nutrienti e gustosi; ad esempio, gnocchi dall’aspetto atipico preferibilmente conditi con burro fuso. Oppure la polenta, che si distingueva però da quella tradizionale per il colore ibrido, fra il giallo ed il grigio-viola chiaro. 

Non si può dire, peraltro, che in Val di Ledro il tempo sia stato generoso con questo umile tubero, in quanto la sua produzione corse il rischio concreto di scomparire in modo definitivo. Un vero nonsenso in ambito agricolo, poiché oggi è evidente come il clima del Trentino giovi alla produzione della patata viola autoctona, che tollera bene le temperature rigide e la scarsa fertilità del suolo.

Fortunatamente, dopo decenni di pesante abbandono venne deciso di effettuare un lungimirante lavoro di selezione e ricerca, al termine del quale la patata viola fu reintrodotta nella zona, diventando – come talvolta accade in analoghe situazioni – un prodotto ‘fashion’ per il mercato e per la ristorazione di qualità, avendo ottenuto l’approvazione degli operatori di questo settore trainante dell’economia nazionale.

La patata viola della Val di Ledro suscita curiosità nelle persone non tanto per il suo aspetto inconsueto quanto, ovviamente, per il sapore che richiama la nocciola e la castagna. È particolarmente apprezzata dai buongustai per la sua pastosità, che bene si confà ai primi piatti locali come gnocchi, zuppe e purea.

Ricca di vitamina C e di antociani, di potassio e di altri sali minerali, è facilmente digeribile e si distingue per le sue proprietà antiossidanti. Nell’area gardesana e trentina è spesso abbinata alla tipica carne salada o al “pane con le molche”, una sorta di paté che residua dalla spremitura delle olive per la produzione olearia.

L’AGRONAUTA


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