(storia del manifesto turistico in Italia, 6a parte)
Con la nascita dell’Ente Nazionale per l’Incremento delle Industrie Turistiche (ENIT) nel 1919, il turismo venne definitivamente riconosciuto come settore strategico per l’economia e l’immagine internazionale dell’Italia. L’ENIT produsse una quantità smisurata di materiale promozionale: manifesti, dépliant, cartoline, guide. La grafica turistica si confermò come un vero e proprio strumento di costruzione identitaria.
Attraverso selezioni iconografiche mirate si consolidarono cliché destinati a durare decenni: Venezia città del sogno, Roma culla della civiltà, Firenze cuore del Rinascimento, Napoli paradiso del sole.
Il passaggio dagli anni Venti agli anni Trenta portò ulteriori mutamenti. Il linguaggio Liberty lasciò spazio ad un modernismo più sobrio, influenzato dalle avanguardie europee e dalle esigenze della propaganda politica. Durante il regime fascista, la promozione turistica venne sostenuta come strumento di legittimazione del prestigio nazionale. Quel tipo di grafica celebrava non solo il passato glorioso dell’Italia classica e rinascimentale, ma anche la modernità delle nuove infrastrutture, delle colonie marine, delle stazioni sciistiche come il Sestriere costruito ex novo negli anni Trenta.
Manifesti come quello di Gino Boccasile, con la “ragazza in verde” sulla neve, sintetizzavano in un solo sguardo lo spirito di libertà, la salute, la bellezza giovanile e la modernità architettonica della rinata nazione. I manifesti degli anni Venti e Trenta segnarono un radicale cambio di passo anche nell’interpretazione dell’ambiente montano che divenne teatro di vitalità e sport, simbolo dell’evoluzione dei tempi.
Le illustrazioni a carattere turistico aventi come soggetto sciatori ed escursionisti, scalatori e giovani atleti presero il posto delle precedenti vedute romantiche di valli incantevoli e solitarie.
Cambiò anche l’iconografia della donna: il profilo sportivo e disinibito delle ragazze che vi erano raffigurate incontrava i moderni ideali di emancipazione femminile, molto lontani dallo stereotipo della “bellezza” mediterranea e dalla figura bigotta e retorica della madre e sposa felice, dedita alle faccende domestiche.
L’AGRONAUTA
6. continua
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