Storia del manifesto turistico in Italia (5a parte)
Tra i capolavori della nuova corrente artistica inerente al manifesto turistico s’inserisce una veduta di Portofino di Leonetto Cappiello (Livorno, 1875 – Cannes, 1942), artista attivo soprattutto a Parigi, capace d’innovare il linguaggio visivo del manifesto introducendo scene non convenzionali, allegoriche, piuttosto distanti dal naturalismo.
I suoi manifesti contengono tutti gli elementi che in quegli anni facevano leva sull’immaginario del turista: il panorama, il fascino delle belle signore con l’eleganza dei loro abiti, le seducenti cromie del paesaggio italiano.
Il celebre manifesto del 1905, realizzato per il “Portofino Kulm” Hotel, con i soggetti colorati che si stagliano sullo sfondo luminoso del paesaggio ligure, segna una svolta nell’immaginario turistico. Il viaggio non è più semplice contemplazione, ma diviene partecipazione emotiva.
Va rilevato, peraltro, che da allora l’esecuzione dei manifesti cominciò a fare leva sugli slogan, sugli stereotipi. La montagna, ad esempio, non più temuta come nei secoli addietro, era osservata nella sua maestosità con spirito più pragmatico, persino utilitaristico (dagli anni Venti sarebbe diventata meta di sport invernali); il mare diventava una sorta di passatempo o luogo di svago e le città, conosciute per i monumenti e le loro vestigia, sui manifesti sembravano… strizzare l’occhio al turista suggerendogli con tono vagamente imperativo quali attrazioni non avrebbe dovuto lasciarsi sfuggire.
In tal modo si diede inizio ad una logica speculativa, ad un processo mentale in essere ancora oggi contraddistinto dalla ricerca di icone, tagli scenografici, punti di vista e luoghi comuni che in forza d’una semplice immagine consentissero di riconoscere la meta turistica d’elezione.
Come accennato in precedenza, nei primi lavori cartellonistici assumeva un ruolo centrale il paesaggio: dalle Dolomiti del mitico Re Laurino alle suadenti colline toscane, dai laghi prealpini ai golfi assolati del Mediterraneo ogni scorcio si trasformava in un’icona facilmente riconoscibile.
Non una riproduzione realistica fine a sé stessa, bensì una stilizzazione creativa, poetica che attraverso l’accentuazione di luce, colori ed ardite geometrie artistiche definiva lo scenario in questione nel modo più seducente per l’osservatore.
L’AGRONAUTA
5. continua
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