Nel 1997 solo dall’incoming incassammo 26,2 miliardi di euro, nel 2018 sono diventati 41,7 miliardi di euro, quest’anno supereranno quota 43 miliardi di euro.

I turisti internazionali a fine anni Novanta erano 600 milioni, sono diventati 1,4 miliardi lo scorso anno e sono in aumento.

Da un lato, un settore in continua crescita grazie anche al brand Made in Italy, il più importante al mondo come stile di vita che nell’enogastronomia ha la sua punta di diamante, dall’altro problemi di eccesso di turisti in alcune destinazioni come Venezia ma non solo.

L’offerta alberghiera italiana, la più cospicua in Europa (un milione di camere, due milioni di posti letto), è prima raddoppiata grazie all’extralberghiero normato (case vacanze, agriturismo, B&B, villaggi turistici) poi triplicata con l’avvento degli appartamenti a uso alberghiero affittati anche per singole notti che hanno perfino surclassato nelle destinazioni turistiche l’annoso problema delle seconde case.

Il rischio è la saturazione del territorio e delle destinazioni sottoposte a flussi turistici incontrollati (a Venezia peggiorati dall’arrivo delle immense navi da crociera che oscurano la vista della Basilica di San Marco).

È un problema ma è anche una opportunità.

Bisogna spalmare meglio i flussi turistici sul territorio italiano, spalancando finalmente le porte del Sud Italia, oggi ancora troppo strette a causa di infrastrutture assenti o precarie, e governare il fenomeno turistico premiando chi si ferma più a lungo e frequenta anche musei e siti archeologici.

Musei e siti archeologici multimediali sempre più attrattivi, parcheggi pubblici obbligatori e aree pedonali che eliminino le automobili dalla superficie, politiche di promozione che favoriscano chi acquista pacchetti comprensivi di soggiorno e cultura a scapito del mordi e fuggi in pullman piuttosto che in auto, motocicletta o in treno.

Si può e si deve fare.

Renato Andreoletti

Redazione Aira

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