La tragedia di Genova conferma una volta di più che l’Italia è un Paese fondato sulle infrastrutture (stradali e ferroviarie innanzitutto) realizzate dopo il 1945 che ci hanno consentito il salto nella modernità e ci hanno permesso di diventare uno dei Paesi più benestanti del pianeta con la seconda aspettativa di vita dopo il Giappone.
Le infrastrutture stradali e ferroviarie in Italia comportano problematiche assai più complesse e delicate che in altri Paesi a causa della natura del nostro territorio.
L’Italia è una lunga penisola collinare e montagnosa con solo l’8% del territorio costituito da pianure, posta in diagonale nel Mar Mediterraneo lungo la longitudine circondata per tre quarti da oltre 6000 chilometri di coste con le due maggiori isole del Mediterraneo, Sicilia e Sardegna.
Il 60% dei tunnel autostradali europei è stato realizzato in Italia, i ponti stradali, autostradali e ferroviari sono un’infinità, l’Alta Velocità ferroviaria transita per gran parte del suo tragitto tra Bologna e Salerno dentro le montagne. Lo stesso accadrà quando scenderà lungo la dorsale adriatica.
Nulla del genere in Francia, Spagna e Germania.
C’è da chiedersi se la privatizzazione delle infrastrutture avvenuta negli ultimi 25 anni sia stata lungimirante o se è il caso di tornare sui nostri passi e riportarla in capo allo Stato che non solo garantirebbe una sicurezza maggiore ma che ne trarrebbe anche i profitti per autofinanziare sia la manutenzione ordinaria e straordinaria che l’ulteriore sviluppo della rete per esempio verso Calabria e Sicilia, sulla dorsale adriatica, in Sardegna.
Per il turismo il tema è centrale perché ne va della sua stessa esistenza.
Un Paese non accessibile non fa turismo, idem se non è ritenuto sicuro.
Il futuro della filiera tra turismo e agroalimentare, centrale per lo sviluppo italiano, è in gioco.
L’obiettivo? Infrastrutture pubbliche garantite e industria privata concorrenziale.